Dal
risvolto di copertina:
“Nel Seicento l’Europa si
costituisce in un sistema di Stati nazionali che sono alla ricerca del
proprio equilibrio politico ed economico. Il secolo dell’assolutismo è
anche quello che vede il declino delle grandi famiglie feudali ed il
sorgere della borghesia commerciale e industriale; la città capitale
diventa la struttura di questa nuova società. L’incredibile diffusione
dell’immagine che si fa in questo secolo dimostra che si è voluto
riconoscere che la logica non è affatto il movente determinante delle
azioni umane. Sono le immagini che manifestano, nei loro diversi
aspetti, il pensiero e l’azione dell’individuo e della società; non
si vuole più apparire ciò che si è, ma essere quello che si appare.
L’arte di questo secolo è autonoma; non si confonde più con la
filosofia, la scienza o la religione; la tecnica del visuale, in quanto
tale, realizza tutti i valori e tutti gli aspetti della vita. E' lo
spettacolo, il teatro. Ma il mondo stesso è un teatro e l’attore che vi
recita è stimato non per il valore dell’uomo che è, ma per la parte che
in esso rappresenta e per la maniera in cui lo rappresenta.”
Con
queste parole, nel 1964, veniva sintetizzato il contenuto dell’Europa delle
capitali 1600-1700, pubblicato da Albert Skira nella collezione “Arte ldee
Storia” e subito diventato un classico della critica d’arte. Non si tratta di un
corpus della cosiddetta arte barocca e tanto meno di una minuziosa
ricostruzione filologica, è invece una storia di idee, cioè lo studio delle
possibili relazioni tra le cose che costituiscono la storia dell’arte e
le idee che costituiscono la storia del pensiero. E' un libro di metodo e
d’attualità che dopo quarant’anni mantiene intatto il suo fascino, ma è anche,
nella sua scrittura asciutta e limpida, un essenziale documento del tempo in cui
fu scritto, del pensiero e della militanza critica di Giulio Carlo Argan